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Omaggio ai genitali del

bambino

Test culturale

1. La categoria “cultura” (o religione) è utilizzabile?
​La categoria cultura è utilizzabile quando il comportamento proviene da un membro familiare (madre/padre/nonno/nonna, altri parenti) all’interno di determinati gruppi, nel contesto di manifestazioni di orgoglio verso i propri figli/nipoti maschi.
2. Descrizione della pratica culturale (o religiosa) e del gruppo.
 
2. Descrizione della pratica culturale e del gruppo.
L’omaggio ai genitali del bambino, nota in letteratura come “omaggio al pene” (Money, Prakasam, Joshi 1991), è una pratica culturale, diffusa in diversi gruppi, che può consistere in un’ampia serie di comportamenti quali carezze, baci, succhiotti, solletichii, strofinamenti, manipolazioni, esposizione di fotografie, lodi e apprezzamenti verbali al pene del bambino, accomunati, nella loro diversità fenomenologica, dal seguente elemento: l’attitudine celebrativa, priva di alcuna componente sessuale, verso i genitali del bambino maschio. La pratica è una species del genus più ampio “Manifestazioni d’affetto riguardanti i genitali dei bambini” (v. voce in questo vademecum) e viene qui trattata separatamente per le sue peculiarità.
Diversi, a seconda del gruppo culturale, sono i soggetti che attuano i soprammenzionati comportamenti: entrambi i genitori; soltanto il padre o soltanto la madre; anche i parenti, più o meno stretti, o soltanto i parenti maschi o femmine; ospiti e amici della famiglia.
Per quanto riguarda i destinatari si tratta di bambini maschi. Diversa può essere l’età dei bambini destinatari delle varie forme di “omaggio al pene”: in alcuni gruppi si tratta di neonati e infanti, in altri di bambini fino all’età di sei anni o sette anni. In alcuni casi (Repubblica domenicana) la pratica è attestata fino al raggiungimento della pubertà da parte del bambino.
La pratica dell’“omaggio al pene” può presentarsi in una triplice fenomenologia: fisica, verbale, visuale.
Nella sua fenomenologia fisica, la pratica dell’“omaggio al pene” può consistere nel baciare, succhiare, infilare in bocca e mordicchiare leggermente con le labbra (in modo amorevole e senza alcun dolore per il bambino), toccare, accarezzare, strofinare, giocare con, solleticare, scoprire e mostrare il pene del bambino.
Nella sua fenomenologia verbale, l’“omaggio al pene” può consistere in parole pronunciate dall’adulto per lodare il pene del bambino (a volte, oltre al pene, anche i testicoli sono celebrati), apprezzarne la bellezza, sfidare scherzosamente il bambino su aspetti collegati ai genitali, nonché può consistere nell’incoraggiare il bambino ad urinare durante il toilet training.
Nella sua fenomenologia visuale, la pratica dell’“omaggio al pene” può consistere nello scattare ed esporre foto del bambino maschio nudo o mentre urina in album di famiglia o in cornici (Italia, Giappone), e nell’inviare foto del bambino con i genitali in evidenza a parenti e amici per celebrare la nascita del piccolo (Italia fino al 1970). Con l’avvento della tecnologia, alle foto si sono aggiunti video di bambini, generalmente ripresi mentre fanno il bagnetto, che vengono inviati tramite il cellulare ai parenti. Storicamente, come vedremo (Approfondimenti antropologici, §. 4. L’ostentatio genitalium di Gesù bambino come genere pittorico dell’Europa rinascimentale), rientra nella fenomenologia visuale, il genere pittorico dell’ostentatio genitalium del bambino Gesù, diffuso in Europa durante tutto il Rinascimento fino al Concilio di Trento e della ostentatio urinarum o puer minguens, genere artistico che si manifesta in fontane o quadri, e che sopravvive, in alcuni gruppi (italiani inclusi), nelle fotografie familiari che immortalano il bambino maschio mentre fa la pipì in piedi.
Molteplici, nella loro comune attitudine celebrativa, sono le funzioni che i comportamenti sopra enucleati svolgono: esprimere la gloria della prosperità e perpetuazione della famiglia; mostrare orgoglio e felicità perché è nato un figlio maschio; onorare i genitali come simbolo di fertilità; esprimere orgoglio paterno per la continuazione del cognome che avviene tramite il figlio maschio; lodare la virilità del bambino; insegnare al bambino a diventare consapevole del suo genere maschile (distinto rispetto a quello femminile) e fiero dei propri genitali per prepararlo alla sua futura funzione riproduttiva, secondo un processo definito gendering the body (sui dettagli morfologici e funzionali nei singoli gruppi infra descrizione dettagliata della pratica). In nessun caso, la funzione della pratica è volta alla gratificazione sessuale degli adulti.
Forme di omaggio al pene del bambino sono attestate in Albania, Romania, Bulgaria, Pakistan, Turchia, Egitto e mondo arabo in genere, Repubblica domenicana, Filippine, Cambogia, Vietnam, Giappone, Spagna, Italia in particolare del Sud, numerosi gruppi della minoranza rom.
 
3. Inserire la singola pratica nel più ampio sistema culturale (o religioso).
La pratica dell’omaggio al pene è collegata ai seguenti altri elementi culturali: un alto valore attribuito alla fecondità e alla riproduzione; un alto valore attribuito al genere maschile; una continuità culturale, in genere inconsapevole, ossia un retaggio pagano circa la natura sacra dei genitali (nell’antica Roma i genitali maschili erano sacri ed esistevano rappresentazioni pubbliche del simbolo fallico: è una ipotesi non provata che in enclave culturali minoritarie italiane, soprattutto rurali, questa forma di celebrazione dei genitali maschili sia restata riferita ai bambini).
 
4. La pratica è essenziale (alla sopravvivenza del gruppo), obbligatoria o facoltativa?
La pratica è facoltativa: si tratta di un automatismo di cui i genitori non sono spesso consapevoli, posta in essere nel contesto familiare. I gruppi non nominano neanche la pratica (il nome “omaggio al pene” è stato attribuito da dottrina medico-psicologica transculturale v. infra descrizione dettagliata della pratica), in quanto questa non appartiene alla categoria di comportamenti strutturati o ritualizzati, ma piuttosto alle abitudini che si trasmettono intergenerazionalmente senza una precisa consapevolezza su origini e significato.
5. La pratica è condivisa dal gruppo o è contestata?
L’omaggio al pene è un comportamento culturale condiviso dal gruppo dove ha luogo la socializzazione del bambino e trasmesso intergenerazionalmente. Non risultano azioni di contestazione avverso la pratica. Va segnalato che, a seconda del gruppo, in certe classi sociali e nelle zone urbane, la pratica tende a scomparire o a restare nelle sue sole manifestazioni verbali.
6. Come si comporterebbe la persona media appartenente a quella cultura (o religione)?
Il padre/la madre appartenenti ai gruppi dove il comportamento è tenuto bacerebbero, accarezzerebbero e farebbero apprezzamenti verbali rivolti al pene del bambino.
7. Il soggetto è sincero?
Accertamenti fattuali sul fatto che il familiare che pone in essere il comportamento non sia un pedofilo.
8. La ricerca dell’equivalente culturale. La traduzione della pratica della minoranza in una corrispondente pratica della maggioranza (italiana). ​
La pratica dell’omaggio al pene è stata ed è diffusa anche in Italia. Essa si manifesta nelle tre forme fisiche, verbali, visuali sopra esaminate (domanda 2).
A livello fisico, in diverse zone, soprattutto del Sud Italia, era ed è ancora in uso che le madri diano un bacio sul pene del bambino. Ad esempio, nella Piana degli albanesi in Sicilia, il bacio sul pene dell’infante dato dalla madre poteva nascere da un moto di orgoglio, espletato per affermare “tu sei un uomo” (fonte: professor Antonino Colajanni comunicazione personale, Roma, giugno 2019).
In tutta Italia è tutt’oggi invalso, soprattutto dopo il bagnetto, baciare il bambino su tutto il corpo e, in diverse famiglie, anche i genitali possono essere oggetto di un bacio superficiale in un contesto in cui tutto il bambino viene cosparso di baci. In questo caso, ci troviamo prevalentemente di fronte ad una coccola, meno collegata ad aspetti di orgoglio per la virilità del bambino, anche se sempre riflesso di una emozione celebrativa e gioiosa.
 
A livello verbale, si può parlare di una pratica linguistica di “omaggio al pene” anche in Italia quando si apprezza il modo in cui il bambino urina o si fanno commenti benevoli ed elogiativi del suo sesso. L’orgoglio dei padri verso il neonato maschio, può manifestarsi con le seguenti frasi: “che belle palline”, “che bel pisellino”, anche accompagnate da carezze o solletichii. La logica di questa pratica verbale, peraltro non ricorrente con le bambine il cui sesso è raramente menzionato in modo celebrativo, è la stessa delle altre forme di “omaggio al pene” qui analizzate (esprimere orgoglio per la virilità in particolare) e può, pertanto, rientrare in questa categoria latamente intesa.
 
A livello visuale, la pratica di “omaggio al pene” appare in Italia in varie morfologie. Fino agli anni 1970 era un costume invalso, quando nasceva un figlio maschio, spedire a parenti e amici una foto che annunciava la nascita del bambino. Il bambino, di pochi mesi, appariva generalmente sdraiato o seduto, nudo con i genitali ben in vista. Questo uso era un modo per dire “abbiamo avuto un maschietto” (fonte Maria Teresa Mele, 81 anni). Ancora oggi, seppure senza la stessa attitudine celebrativa verso il maschio si usa, in Italia, fare e spedire fotografie del bambino di pochi mesi nudo dopo il bagnetto o sdraiato sul letto dei genitori a parenti ed amici. Questa pratica con internet, è stata sostituita dall’invio di foto digitali e video.
Sempre a livello visuale, negli album di famiglia italiani e spesso anche nelle foto collocate in appositi tavolini nelle case o sugli scaffali delle varie stanze, in Italia si è soliti collocare anche foto dei loro bambini piccoli nudi o mentre, in piedi, fanno la pipì. Quest’ultima è una forma di ostentatio urinarum, paragonabile, mutatis mutandis, al genere scultoreo e pittorico del puer minguens, che ugualmente contiene una celebrazione del pene del bambino priva di alcuna componente sessuale.
Storicamente in Italia esistono due forme di omaggio al pene totalmente prive di intento sessuale. Si tratta della ostentio genitalium e del puer minguens (v. infra Approfondimento antropologico) ancora oggi osservabili nei maggiori musei italiani e del mondo e che non generano alcuna reazione da parte dell’ordinamento.

9. La pratica arreca un danno? ​
No. Quando il bambino è neonato riceve anzi un beneficio dal contatto fisico. Quando il bambino cresce è in grado di capire dal contesto che il gesto compiuto dai suoi genitori è innocuo.
La pratica potrebbe recare un danno se il bambino, trasferito in un’altra cultura come quella italiana, acquisisse una diversa lettura della pratica (es. sapendo che i bambini non più neonati che sono accarezzati o baciati sui genitali sono oggetto di attenzioni pedofile, il bambino potrebbe pensare che anche lui lo è?): in questo caso, su richiesta del bambino, i genitori dovrebbero astenersi dal praticarla. In ogni caso è da escludere la criminalizzazione del comportamento e la risoluzione del conflitto nascente dalla nuova percezione che il bambino ha del gesto andrebbe risolta all’interno della famiglia e della scuola.
​10. Che impatto ha la pratica della minoranza sulla cultura, valori costituzionali, diritti della maggioranza (italiana)?
La pratica può essere facilmente confusa con un gesto pedofilo, soprattutto nelle morfologie non comuni in Italia.
La pratica, una volta conosciuta nel suo significato, non contrasta con i valori e i diritti tutelati in Italia in quanto non è un atto sessuale e non arreca un danno al bambino. 
11. La pratica perpetua il patriarcato?
Sì. In generale, nella maggioranza dei gruppi la pratica corrisponde ad una logica patriarcale che il femminismo critica come “fallocentrismo”, in quanto volta a enfatizzare i genitali del bambino maschio. La pratica, infatti, si caratterizza per una sovra-celebrazione dei genitali del bambino maschio ed un silenziamento di quelli della bambina. Tuttavia, va rivelato che in alcuni gruppi dove le pratiche di baciare e accarezzare i genitali dei bambini sono simmetriche per maschi e femmine (v. voce Manifestazioni di affetto riguardanti i genitali dei bambini) tale connotazione sfuma, anche se i baci e le carezze ai genitali delle bambine sono, in genere, compiuti per coccolare o per gendering the body, piuttosto che per omaggiare la bambina. Non risultano attestate forme di “omaggio alla vagina”. Ciò rilevato, la risposta a questa domanda del test non può essere usata come argomento per rigettare la pratica culturale o proibirla, in quanto si tratta di una pratica patriarcale senza un danno immediato, ma che anzi rafforza l’autostima del bambino.
12. Che buone ragioni presenta la minoranza per continuare la pratica? Il criterio della scelta di vita ugualmente valida.
Le minoranze pongono in essere il comportamento in modo spontaneo, come forma per esprimere entusiasmo ed ammirazione verso il bambino maschio. Non esistendo alcun danno per il bambino, le minoranze hanno buone ragioni per rivendicare il diritto a perpetuare la propria cultura (art. 27 Patto internazionale dei diritti civili e politici 1966) e a potersi liberamente esprimere nelle forme di fisicità e di affetto verso i figli (art. 30 della Costituzione italiana). 

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