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Gua Sha/coining e coppettazione

​(medicina tradizionale est asiatica) 


Test culturale

1. La categoria “cultura” (o religione) è utilizzabile?
​Sì, in quanto la pratica è un tipo di medicina tradizionale inserita all’interno di determinate medicine tradizionali. Non sono ravvisabili profili religiosi. 
2. Descrizione della pratica culturale (o religiosa) e del gruppo.
Gua Sha: Il Gua Sha (pressione della stasi, press-stroking o coining in inglese) è una tecnica di medicina tradizionale ampiamente utilizzata in Asia, nelle comunità di immigrati asiatici e da agopuntori e praticanti della medicina tradizionale dell'Asia orientale in tutto il mondo. Nello specifico si tratta di pressioni ripetute e unidirezionali, effettuate con uno strumento a superficie liscia (come un cucchiaio da minestra cinese, un tappo di metallo ordinario con labbro rotondo e liscio, o fette di corno di bufalo) su un'area cutanea lubrificata con olio o talco, fino alla comparsa di petecchie. La comparsa delle petecchie è transitoria. Iniziano immediatamente a sfumare in ecchimosi, scomparendo completamente in 2-4 giorni.
La pratica del Gua Sha è generalmente considerata efficace per curare il dolore acuto o cronico e per condizioni come raffreddore, influenza, febbre, colpo di calore e problemi respiratori come asma, bronchite ed enfisema. È inoltre utilizzata per problemi funzionali degli organi interni e problemi muscolo-scheletrici (dalla fibromialgia a gravi sforzi, spasmi o lesioni), ed è indicato in tutti i casi di dolore fisso ricorrente. Il Gua Sha è un intervento terapeutico per curare il dolore e le patologie che si manifestano come stasi di Qi (ovvero la forza vitale, una forza invisibile alla base di tutti gli avvenimenti) e sangue, che si verificano sulla superficie cutanea. Il termine Gua Sha è cinese. La traduzione letterale di gua è raschiare o grattare. Sha è un termine polisemico: descrive la stasi all'interno del tessuto e le petecchie che si formano come conseguenza della pratica Gua sha, indicando la liberazione di tale stasi; può essere tradotto come sabbia, pelle di squalo o eruzione cutanea rossa, in rilievo, e rappresenta la sensazione che si prova sulla pelle dopo il Gua Sha, come se ci fosse della sabbia sopra. La pratica può essere espletata sia su minori che su adulti. 
 Coppettazione/Cupping: Così come il Gua Sha, un’altra tecnica di medicina tradizionale utilizzata soprattutto in Asia orientale è la coppettazione (in inglese cupping), o baguan, anch’esso indicato per la “stasi ematica”, caratterizzata da dolore fisso o ricorrente in disturbi acuti o cronici (il termine cinese ba significa estrarre o tirare su, mentre il termine guan si riferisce a un vasetto o a una pentola). La coppettazione/cupping prevede l'applicazione di coppette rotonde aspirate sulla pelle. La coppettazione/cupping è una terapia della medicina tradizionale cinese (MTC) che risale ad almeno 2.000 anni fa. La coppetta vera e propria può essere realizzata in materiali come il bambù, il vetro o la terracotta. Creando il vuoto tramite l’utilizzo di una fiamma o un’aspirazione meccanica, il tessuto si allunga all’interno della coppetta. Tale operazione fa sì che si creino delle petecchie ed ecchimosi rotonde. Quasi senza eccezioni, in tutti i casi in cui la coppettazione viene eseguita ci sarà un leggero arrossamento o un segno ad anello causato dal bordo della coppetta nel punto del trattamento. L'estensione del segno di coppettazione dipende molto dalla durata del trattamento e dalla forza dell'aspirazione. 
Questa procedura viene utilizzata per contrastare condizioni di dolore, herpes zoster, dolori lombari. La coppettazione/cupping muove il Qi (l’energia, forza, afflato vitale) e il sangue e apre i pori della pelle, eliminando così gli agenti patogeni attraverso la pelle stessa. 

3. Inserire la singola pratica nel più ampio sistema culturale (o religioso).
Il ricorso al Gua Sha e alla coppettazione va inquadrato nelle idee di salute/malattia e medicina nell’Asia dell’est, dove sono presenti concetti filosofici che guardano al corpo umano in correlazione con l’ambiente esterno e le forze che lo animano (es. Qi) e non soltanto nella sua individualità e separatezza (v. Approfondimenti antropologici infra).
Nella medicina dell'Asia orientale, tutti i dolori sono definiti come una forma di stasi. Le comuni mialgie, cioè i dolori muscolari che vanno e vengono, si pensa che derivino dallo stress di un'attività quotidiana ripetuta, da una postura prolungata o dall'esposizione a variazioni di temperatura. Se il dolore mialgico si risolve al tocco o al movimento, si parla di stasi del Qi (energia, forza, afflato vitale). Se il dolore persiste o ritorna in un punto fisso, si parla di stasi di Qi ed ematica, che indica la presenza di sha (stasi all’interno dei tessuti). Il termine "stasi ematica", difficile da definire, si riferisce in generale a un'alterazione patologica del flusso sanguigno, ma permangono differenze nella definizione, che apparentemente riflettono diversità sviluppate a livello regionale. 
La presenza di sha è confermata quando la palpazione pressante provoca un arrossamento superficiale che si attenua lentamente. Nel tempo, uno sha non risolto può essere associato e/o rendere il corpo più vulnerabile a forti dolori cronici, tensioni o malattie. La stasi di sha può essere liberata con la sudorazione da una vera febbre o attraverso il trattamento con il Gua Sha o il cupping. 
4. La pratica è essenziale (alla sopravvivenza del gruppo), obbligatoria o facoltativa?
La pratica è facoltativa. Così come i pazienti occidentali oggi possono scegliere tra la medicina occidentale, la medicina cinese o entrambe, anche i pazienti che vivono all'interno delle culture est asiatiche/cinese possono scegliere tra i vari sistemi medici presenti in queste culture.
Sebbene vi sia un margine di scelta personale nella decisione del rimedio, va notato che la medicina cinese è enormemente diffusa in Asia, ed è un elemento definitorio del gruppo, nel senso che viene utilizzata da più persone al punto da coesistere in pari dignità con la medicina occidentale in Cina (vedi approfondimenti antropologici).
5. La pratica è condivisa dal gruppo o è contestata?
La pratica è condivisa dal gruppo di appartenenza. Nel complesso, nei Paesi dell'Asia orientale il sistema medico è plurale, il che significa che la medicina tradizionale e la biomedicina coesistono ed entrambe sono istituzionalizzate, anche se in modi diversi a seconda del Paese in questione. In Cina, ad esempio, le modalità della medicina tradizionale sono esplicitamente riconosciute attraverso classificazioni legali, formazione medica e servizi. Inoltre, queste due modalità (biomedica occidentale e tradizionale) sono interconnesse e unificate in virtù dei diritti di pratica medica attribuiti ai dottori di medicina tradizionale (e ai medici biomedici). Questi, infatti, hanno la prerogativa di praticare la biomedicina sulla base del loro libero giudizio professionale.
6. Come si comporterebbe la persona media appartenente a quella cultura (o religione)?
In presenza di dolori è possibile che la persona media si rivolga o alla medicina ufficiale o a quella tradizionale o entrambe.
Quando si tratta di percorsi per la salute, è importante tenere in considerazione che si tratta di scelte individuali e personali. È possibile che una persona scelga di rivolgersi alla medicina tradizionale e parallelamente alla biomedicina occidentale, cercando attivamente il meglio di entrambi i mondi per soddisfare le proprie esigenze di salute o dei propri figli, consapevole delle differenze fondamentali e della natura complementare di questi due modelli medici.


7. Il soggetto è sincero?
Per verificare la  sincerità del soggetto è importante  accertare la volontà non lesiva della pratica che anzi  ha una funzione curativa. A tal fine è opportuno indagare, attraverso esperti e tramite la stessa audizione dei soggetti interessati (genitori e minori): 
  • il legame tra tali metodologie e la cultura di provenienza; Gua Sha/coining/press-stroking e coppettazione/cupping sono due rimedi tradizionali tipici della medicina cinese, come sopra evidenziato, ma sono diffusi anche in altre culture asiatiche come quella vietnamita e laoziana; 
  • la funzione (ragione curativa) per cui la pratica è stata posta in essere, ossia che tipo di disturbi aveva il soggetto sottoposto a tali pratiche; 
  • i motivi che hanno condotto all’uso della pratica: utilizzo del rimedio tradizionale per la non gravità del malessere; scarso accesso ad altre strutture e servizi sanitari (difficoltà di comunicazione etc.); diffidenza rispetto alla medicina convenzionale occidentale e al personale medico professionale;
  • la capacità dei soggetti di spiegare la pratica e le sue funzioni (che potranno poi essere confermate da un esperto sia in ambito antropologico che medico-scientifico); 
  • il grado di consapevolezza della famiglia sull’utilizzo della pratica non in totale sostituzione della medicina convenzionale occidentale, ma magari come ausilio in caso di lievi malesseri. In alcuni casi, questi particolari segni sul corpo vengono notati da operatori del servizio sanitario, in occasione di visite specialistiche o di routine, presso le strutture sanitarie convenzionali occidentali, in cui il minore è accompagnato dagli stessi genitori, magari perché la problematica persiste o al fine di accertarne l’effettiva guarigione.
 
8. La ricerca dell’equivalente culturale. La traduzione della pratica della minoranza in una corrispondente pratica della maggioranza (italiana). ​
Alcune tecniche della medicina tradizionale orientale sono particolarmente diffuse anche in Italia. La coppettazione/cupping è utilizzata spesso in ambito sportivo, per lenire dolori e ridurre la tensione muscolare, così come anche l’agopuntura e altre forme di massaggio da eseguire secondo tecniche particolari. Inoltre, è bene precisare che forme di cura “tradizionale” si sono sempre attuate anche nella cultura maggioritaria, seppure secondo modalità meno strutturate rispetto all’esempio orientale. Ne sono un esempio forme allopatiche di medicina occidentale praticata in cliniche e strutture sanitarie private (ad esempio omeopatia, riflessologia) e quelli che spesso nel gergo comune sono definiti “rimedi della nonna”, così come anche la diffusione tra le famiglie di piccoli opuscoli contenenti indicazioni terapeutiche basilari, necessari per il trattamento iniziale di lievi malesseri, ad oggi sostituiti dalla prassi di consultare il web in occasione di disturbi o dolori, contenenti indicazioni di assistenza medica di base. Questi rimedi in Italia non sono di certo sostitutivi di cure specialistiche e , ma sono molto utilizzate nei casi di patologie transitorie, frequenti e non gravi (raffreddori, condizioni febbrili transitorie, emicranie, nevralgie etc.). Questi particolari metodi curativi sono inquadrati nella cultura maggioritaria nella categoria dei “rimedi casalinghi” e risultano in parte equiparabili alle pratiche curative sopra richiamate anche se privi della stessa strutturazione storica e filosofica che caratterizza i rimedi orientali. È opportuno poi segnalare come ad oggi, nella società contemporanea occidentale, la maggior parte di questi rimedi si sia evoluta in una prospettiva “farmacologica”. I rimedi “casalinghi” ai malesseri lievi e transitori sono spesso costituiti da utilizzo di farmaci da banco, vendibili senza la necessità di prescrizione medica, da tenere in casa per le emergenze o da portare con sé durante viaggi e spostamenti. La somministrazione di tali farmaci è lasciata alla coscienza e all’autocontrollo degli individui. A differenza di coppettazione/cupping e Gua-sha si tratta però di sostanze farmacologiche, e dunque chimiche, in grado di causare danni ad adulti e minori in caso di uso non corretto, anche se non immediatamente evidenti come i segni lasciati dalle pratiche orientali in esame. 
Un altro esempio di equivalente culturale in senso lato può rinvenirsi nei massaggi che vengono diffusamente praticati nella cultura maggioritaria tra gli sportivi o come cure fisioterapiche. I massaggi vigorosi possono, infatti, lasciare dei segni e sono un equivalente culturale anche per l’eventuale sensazione di dolore che questi trattamenti possono provocare all’atto della loro esecuzione. 
 
9. La pratica arreca un danno? ​
La pratica non arreca un danno se eseguita correttamente, secondo le modalità che sono richieste affinché il risultato curativo possa essere raggiunto. Solitamente tali modalità sono esplicitate in veri e propri manuali di medicina cinese o trasmesse oralmente. Si tratta  di pratiche che sono sempre eseguite per curare un male, non senza obiettivo alcuno. I segni conseguenti a questi trattamenti possono essere interpretati come sintomi di abusi, percosse, maltrattamenti, ma non sono altro che il residuo dell’esecuzione della pratica e anzi spesso evidenziano il suo corretto esercizio. Si tratta di segni del tutto simili a quelli successivi a forme di massaggi vigorosi, spesso diffusi anche nella cultura maggioritaria. Tuttavia, nel caso in cui la pratica non sia eseguita da una figura professionista, quest’ultima potrebbe rivelarsi piuttosto dolorosa e potrebbe lasciare sul corpo segni come veri e propri lividi o causare addirittura una lieve fuoriuscita di sangue (si vedano immagini nell’approfondimento antropologico). 
La soglia del dolore subito durante l’esecuzione della pratica è influenzata dalla percezione del soggetto che la subisce, dallo stato più o meno patologico in cui si trova. Ad esempio, nella prospettiva dei più piccoli, anche i trattamenti sanitari che gli adulti ritengono più banali e indolori - come prendere uno sciroppo, subire un’iniezione, ingerire una pastiglia, effettuare una medicazione di una ferita con il disinfettante - provocano sofferenza e hanno effetti traumatizzanti. Il dolore non è dunque un elemento che da solo può essere indicativo di un vero e proprio danno fisico, essendo un elemento che almeno transitoriamente caratterizza la molteplicità dei trattamenti sanitari, da un punto di vista oggettivo, ma anche psicologico.
 
​10. Che impatto ha la pratica della minoranza sulla cultura, valori costituzionali, diritti della maggioranza (italiana)?
Sulla cultura maggioritaria le pratiche del Gua sha e della coppettazione hanno un impatto forte, anche visivo: i segni lasciati da questi trattamenti potrebbero essere interpretati come abusi sui minori da operatori sanitari o scolastici. Anche quando emerge la natura “curativa” dell’intenzione appaiono come trattamenti che generano sofferenza e che non dovrebbero eseguirsi soprattutto sui minori.
 
Nella cultura di maggioranza le pratiche si scontrano con i valori dell’intangibilità fisica dei minori e della tutela dell’infanzia. L'eventuale intento curativo non è in grado di neutralizzare l’evocazione di un “dolore” che appare nel caso ingiustificato, soprattutto perché del rimedio non emerge palesemente l’efficacia, per cui il trattamento stesso non è visto come di stretta necessità, giustificato dalle circostanze e da ragioni sanitarie serie come comunemente invece accettato in ambito medico.
 
I segni lasciati dalle pratiche citate potrebbero essere erroneamente inquadrati nella categoria delle percosse (art. 581 c.p.), in quella delle lesioni (582 c.p.), oppure anche nelle forme più gravi dei maltrattamenti in famiglia (572 c.p.). La non conoscenza della funzione e del significato di queste pratiche le rende difficili da accettare  per cultura  di maggioranza, nonostante il loro valore curativo. Si presume  che esse provochino  un dolore e una sofferenza ingiustificata e nessun beneficio. Sia in sede penale e che in sede civile, quindi le pratiche potrebbero potenzialmente rilevare nei procedimenti che coinvolgono il delicato contesto della famiglia e la valutazione dell’adeguatezza dei genitori nell’esercizio della responsabilità genitoriale e alla cura dei minori. Per questo sarebbe fondamentale una conoscenza approfondita o una volontà di approfondimento circa tali pratiche, a tutela dell’interesse del minore che rischia di essere allontanato da realtà familiari perfettamente funzionali e protettive. L’art. 8 della Cedu impone infatti di preservare la vita familiare e privata dei minori. Quest'ultima in assenza di abuso e di danno non ha motivo di essere turbata. Il diritto all’integrità fisica del minore è solo apparentemente coinvolto, dato che risulta materialmente violato solo se la pratica non è eseguita a regola d’arte. Oltre ai diritti culturali entrano in gioco quelli inerenti al diritto e dovere dei genitori ad educare i figli secondo il proprio sistema di valori (art. 30 Cost.), ricomprendendosi in essi anche: la volontà di far conoscere e comprendere ai propri figli la funzione dei rimedi tradizionali, tipici della propria cultura, insegnare quando utilizzarli o meno, sceglierli in sostituzione di altri (analgesici e farmaci da banco); esercitare il consenso su determinati trattamenti medici piuttosto che altri. L’unico limite è sempre rappresentato dal diritto alla salute del minore che di solito non viene messo in discussione dato che queste forme di medicina tradizionale non sono considerate come sostitutive della medicina convenzionale occidentale. 
In alcuni ordinamenti, queste pratiche sono menzionate nei manuali di prevenzione degli abusi sui minori, in uso al personale dei servizi sociali e agli operatori del diritto, affinché non siano fraintesi come forme di abuso da parte dei genitori. È il caso di Colorado e Kansas. Il riferimento non è solo al coining e cupping, ma anche alle cosiddette “blue spots”, macchie bluastre (a causa di accumuli di melanina) che appaiono sulla pelle di alcuni bambini di etnia orientale o africana, sin dalla nascita, e che spariscono con la crescita, le quali non hanno alcuna valenza patogena.
 
11. La pratica perpetua il patriarcato?
Le pratica non perpetua il patriarcato. È eseguita indifferentemente da e su individui di entrambi i sessi. Potrebbe, se associata a dolore e sofferenza essere collegata dalla cultura di maggioranza a una forma di patriarcato, inteso come autoritarismo, soggezione e controllo da parte degli adulti sui minori o come una forma di imposizione, ma poiché non genera una sofferenza o un dolore maggiore rispetto ad altri trattamenti ampiamente diffusi e accettati, questa interpretazione deve essere ritenuta priva di pregio, soprattutto se confrontata con le funzioni tipiche delle pratiche, che sono appunto quelle di curare e dare sollievo.

12. Che buone ragioni presenta la minoranza per continuare la pratica? Il criterio della scelta di vita ugualmente valida.
Nel sistema filosofico cinese le malattie nascono da una stasi del Qi, energia vitale, che Gua sha e coppettazione servono a riequilibrare. 

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