ANTHROJUSTICE
ENG | IT
  • Pagina principale
  • Test culturale
  • Vademecum
  • Chi siamo
Picture

Mangel (mendicità rom)

Approfondimenti giuridici

Lo specifico riferimento alla pratica del “mangel”, come mendicità propria di alcuni popoli rom, non è così frequente nella giurisprudenza sovranazionale o italiana. Tuttavia, la tematica dell’accattonaggio, inteso in senso generale, ha sempre occupato un ruolo importante nel dibattito giuridico e molte delle pronunce attinenti ad esso, riguardano proprio la richiesta di elemosina praticata dai rom anche se non sempre esplicitamente definita come mangel[1] . 
L’attenzione da parte degli ordinamenti giuridici a questa pratica è principalmente dovuta al fatto che essa, anche se ricollegata alla solidarietà – ad oggi consacrata nell’ordinamento italiano nell’art. 2 della Costituzione - si pone per alcuni, in contrasto con altri ulteriori valori, quelli del decoro pubblico, della sicurezza, della produttività e del lavoro. Si tratta infatti di una pratica posta in essere da soggetti privi di mezzi di sostentamento e spesso emarginati dai gruppi maggioritari (in passato rappresentati da inabili al lavoro, disabili e altri soggetti comunque interni alla stessa cittadinanza ad oggi invece in prevalenza da stranieri e migranti) che fa emergere le diseguaglianze e che è spesso percepita come un elemento disequilibrante e fastidioso, incompatibile con l’idea di una società moderna che sia riuscita a sconfiggere la povertà. Per questo la mendicità è stata spesso oggetto di interesse della legislazione statale (Sciutteri, 2022)[2], dei poteri di gestione in capo agli enti locali (Pepino, 2010), di pronunce giurisdizionali di organi statali e sovranazionali.  
Nel contesto italiano particolarmente significativi risultano essere i plurimi interventi della Corte Costituzionale volti a adeguare le disposizioni penalistiche sulla mendicità, ereditate nel codice Rocco (artt. 670 c.p. Mendicità, 671 c.p. Impiego di minori nell’accattonaggio), al nuovo assetto costituzionale solidaristico e pluralistico. Innumerevoli sono infatti le questioni di legittimità costituzionale che vengono sollevate tra gli anni ’60 e ’90, su queste disposizioni. Le questioni trattate dai giudici remittenti sono le più varie ma, se ridotte ai minimi termini, riguardano sempre la compatibilità o meno della risposta penalistica alla mendicità rispetto ai nuovi valori e principi propugnati nella costituzione, in particolare rispetto al principio di solidarietà e alle sue plurime declinazioni. Per alcuni la penalizzazione della mendicità contrastava con l’art. 38 della Costituzione: fungeva da ostacolo all’esercizio della solidarietà nella forma dell’assistenza privata o ancora, faceva ricadere sui soggetti più deboli l’inadempimento dei doveri di assistenza in capo allo Stato, non prevedendo alcuna forma di non punibilità per coloro che fossero costretti a mendicare perché privi dell’assistenza dovuta. Per altri la penalizzazione della mendicità imponeva implicitamente l’obbligo al lavoro - individuato invece nell’art. 4 Cost. non come elemento cogente, ma spontaneo - e quindi era in grado di contrastare tutte quelle ideologie differenti dalla dominante, che non prevedevano il lavoro come elemento fondante del proprio sistema sociale. Per altri la mendicità era incapace di determinare una lesione concreta ai beni come l’ordine pubblico e la tranquillità sociale, ma costituiva una condotta inoffensiva, consistente in una semplice richiesta di aiuto, perfettamente esercitabile in relazione al principio di solidarietà e alla libertà individuale (art. 2 Cost.). Inoltre, si evidenziava come l’applicazione della sanzione penale a un soggetto che mendicava per necessità avrebbe violato il principio di rieducazione della pena di cui all’art. 27 Cost.
Tra le risposte più significative che la Corte Costituzionale ha dato a queste problematiche vale la pena ricordarne almeno tre: nella pronuncia n. 102 del 24 aprile 1975 veniva ammessa l’applicabilità della scriminante dell’art. 54 c.p. dello stato di necessità per quei soggetti che avessero mendicato perché privi di qualsiasi mezzo di sussistenza (ad oggi non ammessa dalla giurisprudenza maggioritaria che non riconosce lo stato di bisogno economico come oggetto della scriminante); la pronuncia n. 519 del 15 dicembre 1995 statuisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 670 c.p. primo comma - che puniva la mendicità “semplice”, non molesta - principalmente sulla base del principio di offensività; la pronuncia n. 115 del 22 marzo 2011 fa emergere il legame tra il tema della mendicità e l’esercizio dei poteri degli enti locali per arginarla, e pur non riguardando nello specifico l’accattonaggio, ribadisce i limiti del potere del governo locale che in precedenza si erano allargati tanto da attuare forme di diritto penale municipale, anche nel contrasto all’accattonaggio,



La Corte Edu nella pronuncia Lacatus c. Svizzera (19 gennaio 2021)­, vagliando la compatibilità alla Convenzione di una disposizione penale svizzera, tratta proprio di una giovane donna di etnia rom costretta a mendicare perché completamente priva di qualsiasi mezzo di sussistenza e dispone che la penalizzazione della mendicità semplice, non molesta o fraudolenta, è lesiva dell’art. 8 della CEDU, inerente alla vita privata e familiare, perché punisce una condotta inoffensiva e per alcuni unico mezzo di sopravvivenza[3].
Ad oggi la legislazione italiana pare porsi in conformità dei dettati della Corte Costituzionale e della Corte Edu, in quanto criminalizza soltanto l’accattonaggio “molesto” (art. 669 bis c.p.) e l’accattonaggio con l’impiego dei minori (art. 600 octies c.p.), il primo introdotto come fattispecie contravvenzionale nel 2018 (D.L. n. 113 del 4 ottobre 2018), il secondo prima sanzionato dall’art. 671 c.p. tra le contravvenzioni e poi ricompreso tra i reati contro la personalità individuale e a tutela dei minori a partire dal 2009 (L. n. 94 del 15 luglio 2009)[4]. Questa conformità formale non pone però completamente al sicuro dalle possibilità di incriminazione della mendicità definita “semplice” e non molesta. In una società fratturata come quella odierna, spesso è percepita come “molesta” la stessa attività del chiedere elemosina, soprattutto se esercitata da soggetti stranieri, non inglobati nel tessuto produttivo, come nel caso di alcuni gruppi rom. Forme di mendicità “semplice” potrebbero però in realtà celarsi anche dietro forme di accattonaggio con minori. È infatti assai probabile che le madri rom portino di frequente con sé i propri figli durante l’unica attività che può garantire una forma di sussistenza minima, in un contesto che non assicura alcun tipo di assistenza, non tanto con l’intenzione di educarli alla delinquenza quanto invece in ragione della necessità e della propria concezione di maternità, che prevede di non separarsi dai propri figli soprattutto se molto piccoli.
Nonostante l’avversione contro l’accattonaggio, soprattutto se esercitato con minori, abbia come obbiettivo la tutela dei loro interessi, collocandosi tra i reati a tutela della personalità individuale, nell’applicazione concreta potrebbe prevalere la tutela di logiche securitarie. Per questa ragione le osservazioni che i giudici degli anni ‘60 ‘70 e ‘90 hanno posto rispetto al problema dell’accattonaggio possono risultare particolarmente utili a valutare la reale capacità lesiva di tali condotte e la compatibilità della loro criminalizzazione rispetto all’impianto costituzionale e ai principi della Cedu, sono infatti di estrema attualità e fruibili ancora oggi, in un dibattito sulla mendicità che è arricchito dalle problematiche multiculturali e si staglia ancora in un contesto sociale in cui l’accesso all’assistenza statale continua a non essere scontata per alcuni.
 ​
NOTE
[1] Cass. Pen., sec. V - 17/09/2008, no. 44516; Edu Court, Lacatus v. Switzerland, 2021

[2] In the Italian penal system, the offence of begging has always been present: however, during the Savoy penal code (1840) and the Zanardelli code (1889), some public security laws provided for exclusions from punishment for persons in a state of need, because they were deprived of any kind of family or state assistance or unable to work; the Rocco code (1930), on the other hand, punished the offence without providing for any possibility of exclusion in Article 670 of the criminal code, by placing it to protect order, decorum and public tranquillity.

[3] The ECHR's ruling is particularly interesting because it surveys the phenomenon of begging. Moreover, in sanctioning the non-compatibility of the criminalisation of non-molestationary begging with the Convention, it reports the observations of two international bodies regarding the tendency of states to repress begging: according to the United Nations Special Rapporteur on extreme poverty and human rights, the prohibition of begging and vagrancy is a way of making poverty invisible as well as a serious violation of the principles of equality and non-discrimination, which leaves police authorities too much enforcement discretion, inevitably makes people living in poverty more vulnerable to harassment and violence, and facilitates discriminatory social attitudes towards the poorest and most defenceless (Report (A/66/265, 4 August 2011, submitted to the UN Assembly); for the EU body GRETA (The Group of Experts on Action against Trafficking in Human Beings, which monitors the implementation of the relevant Convention on Trafficking in Human Beings), criminalisation of begging is not an adequate way to solve the problems of trafficking in human beings for the purposes of exploitation and forced begging, because it punishes the victims rather than the perpetrators.

[4] JURISPRUDENCE. In Cass. Pen. sez. V - 28/11/2008, no. 44516 cited above, the term 'mangel' is explicitly mentioned and the cultural character of the practice is identified as a custom in use among certain Roma ethnic groups. Also on the basis of this reconstruction, which was not accepted by the Roma community itself, the judges of legitimacy derubricated the offence initially ascribed to the parent for employing their children in begging from the more serious case of enslavement (Article 600 of the Criminal Code) to that of ill-treatment in the family (Article 572 of the Criminal Code).
In Cass. Pen. sez. V - 30/03/2012, no. 40666, the Court of Cassation diverted the offence ascribed to the parents of a minor Roma girl for her use during begging from the offence of enslavement (art. 600 penal code) to that provided for by art. 671 penal code, still in force at the time of the facts in the contravention form, considering however the latter as prescribed, valuing in the decision the family context of origin of the minor, considered "serene"; in Court La Spezia, 25/09/2013, no. 650 the mother of a minor is condemned under art. 671 criminal code. with the minimum sentence of 15 days and with a suspended sentence, the defendant is in fact remorseful and there is a positive prognosis that she will refrain from similar conduct in the future; in Cass. Pen. sez. I - 14/12/2021, no. 7140, despite not accepting the possibility of recognising a cultural exemption or that inherent in the state of necessity, both put forward by the defence, the conviction of the father of a minor, again of Roma ethnicity, for the crime under Article 600 octies of the Criminal Code was confirmed, to a sentence of four months imprisonment, with suspension of the execution of the sentence and granting of the general extenuating circumstances; in Criminal Court of Cassation section V - 28/12/2020, no. 37538 the sentence of a grandmother and a mother of a minor for the crime referred to in Article 600 octies of the criminal code was confirmed and the diseducational nature of the practice with respect to minors, in contrast with the need for education, and its value as a negative stimulus also with respect to minors of tender age, was highlighted.
Of all the pronouncements cited, only Cass. Pen. 44516/2008 cited above, defines Roma begging with the term "mangel". In pronouncements no. 40666/2012 and no. 7140/2021, there is no direct reference to the mangel but it emerges that the persons involved in the case are of Roma ethnicity and there is an albeit minimal treatment of the cultural element in the legal arguments. On the other hand, pronouncements no. 650 of the Court of La Spezia and Criminal Court of Cassation no. 37538/2020 do not contain any kind of reference to the cultural element. ​

privacy policy - informativa privacy

As part of the Smart Justice research project:​ ​Tools and models to optimize the work of judges (Just-Smart)
Picture
Picture
Picture
Picture
Picture
Picture
Picture
  • Pagina principale
  • Test culturale
  • Vademecum
  • Chi siamo
  • Home
  • Cultural test
  • Guidebook
  • About