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Circoncisione maschile​

Approfondimenti giuridici
 

Nonostante il non interventismo normativo diffuso[1], in tema di circoncisione maschile, è possibile individuare da parte dei diversi ordinamenti europei e occidentali un atteggiamento omogeneo di tolleranza: l’esecuzione della pratica è vista da un lato quale espressione di una libertà, soprattutto religiosa, dall’altro come esercizio di una delle potestà inerenti alla responsabilità genitoriale, quella del diritto e dovere dei genitori di trasmettere alla prole i propri valori sia culturali che religiosi.
Di solito la circoncisione maschile è considerata un “atto medico” per mezzo del quale, anche se in misura minima e tollerata, l’integrità fisica dell’individuo o del minore è minata. Pertanto, la sua liceità è spesso subordinata all’applicazione di determinate cautele e di solito assistita dalle norme che intervengono in materia di trattamenti sanitari.
In generale, si assiste dunque a un bilanciamento tra il valore dell’integrità fisica dell’individuo e del minore coinvolto, nonché del suo diritto alla salute e quello alla libertà religiosa e/o culturale sua o dei propri genitori. Queste ultime sono garantite, a patto che, attraverso alcune cautele (ad esempio il rispetto di determinate prassi accreditate in ambito medico-chirurgico, la disciplina del consenso dei genitori etc.) idonee a ridurre i rischi insiti nella pratica, sia assicurata comunque una tutela minima anche degli altri diritti del bambino coinvolti.
Anche in Italia la circoncisione maschile è ritenuta compatibile con la disciplina di cui all’art. 5 del codice civile inerente agli atti di disposizione del proprio corpo[2]. Tuttavia, sul piano penalistico, come emerge da una nota pronuncia in materia[3], il bilanciamento sembra essere differenziato a seconda che ci si riferisca a una circoncisone “religiosa” oppure “etnico-culturale”.
La circoncisione religiosa, che peraltro viene identificata nella pronuncia richiamata per lo più con quella ebraica, è assistita da un’assoluta protezione derivante dall’art. 19 Cost. sulla libertà di culto e dalla legge di Intesa tra Stato e Comunità ebraica (L. 101/1989). In questo caso si afferma la natura prevalentemente religiosa dell’atto e decade anche la riserva professionale[4].
In relazione alla circoncisione “etnica-culturale”, eseguita apparentemente per ragioni di appartenenza etnica, la pronuncia in esame esclude la configurabilità di una scriminante culturale, non ritrovandone fondamento alcuno nell’ordinamento, pur ravvisando nel caso di specie la non punibilità per ignoranza della legge penale scusabile[5]. In questo caso i diritti culturali hanno uno spazio ridottissimo.
Rispetto ad altre pratiche culturali che vengono vietate solo sulla base del loro potenziale rischio[6], è in effetti sorprendente che l'ordinamento giuridico italiano consenta la circoncisione religiosa maschile senza mai mettere in discussione la modifica permanente causata all'integrità fisica del minore e il suo mancato consenso: probabilmente la familiarità con la pratica portata in Italia secoli fa dalla comunità ebraica e le conseguenze politiche di proibire una pratica già così diffusa contribuiscono allo status quo. La questione del danno si concentra sulle modalità di esecuzione della circoncisione maschile. Nei discorsi prevalenti in Italia, così come in Europa e in Occidente, non è la pratica in sé a causare danni, ma la sua esecuzione da parte di persone di dubbia competenza e/o in contesti non idonei, come ad esempio in casa. È in questi casi che dalla pratica possono derivare conseguenze come lesioni permanenti (ad esempio il pene viene tagliato più del necessario dalla circoncisione ordinaria) e nei casi più gravi, anche se particolarmente rari, la morte (ad esempio per emorragia).
Lo schema di bilanciamento italiano produce, a nostro avviso, alcune incongruenze.
In primo luogo, la distinzione tra circoncisione religiosa e circoncisione etno-culturale omette il fatto che entrambe sono eseguite senza il consenso del bambino ed entrambe producono un'alterazione permanente dei genitali del bambino, compromettendo quindi in modo permanente la sua integrità fisica anche se la circoncisione è ben eseguita. Sentenze che riflettano maggiormente sui diritti del bambino potrebbero contribuire a riportare la questione della legittimità della pratica nel dibattito interculturale.



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In secondo luogo, la distinzione tra circoncisione religiosa e culturale non è più sostenibile, alla luce dell'inviolabilità dei diritti non solo religiosi ma anche "culturali", riconosciuta nel 2018 dalla Corte di Cassazione[7].  Dopo tale riconoscimento, si potrebbe applicare un'astratta esenzione "culturale", oltre che religiosa.
Anche rimanendo nell'ambito del discorso giudiziario attuale che mantiene la distinzione tra circoncisione religiosa e culturale, sarebbe auspicabile un maggior utilizzo del dato antropologico al fine di valutare se la circoncisione in oggetto ha magari una natura religiosa, pur non facendo riferimento ai culti islamici o ebraici[8].
Un'altra incongruenza sembra essere il diverso trattamento tra circoncisione islamica ed ebraica, anche se entrambe sono religiose. La circoncisione islamica, essendo di natura religiosa, rientrerebbe a pieno titolo nella tutela dell'articolo 19 della Costituzione, ma è sempre teoricamente perseguibile per esercizio abusivo della professione medica ai sensi dell'articolo 348 del codice penale se non eseguita in strutture sanitarie in quanto nell’Islam non vi sono circoncisori certificati[9].
 La “riserva di professione” (il requisito che la circoncisione sia eseguita da un medico) quale derivato della concezione “medica” dell’atto della circoncisione è richiesta al fine di garantire standard di sicurezza e tutela del benessere psico fisico del minore. Questi   standard,  nel caso della religione ebraica risultano soddisfatti, secondo i giudici, da fattori oggettivi come ad esempio il fatto che la pratica sia eseguita solo presso ministri di culto appositamente formati, che sia effettuata solo su neonati e quindi meno pericolosa, che della stessa si debba dare certificazione ufficiale e dunque sia escluso il ricorso a pratiche clandestine.
 
Tuttavia questo requisito (il fatto che la circoncisione sia eseguita da un medico o da un'analoga figura religiosa accreditata per gli ebrei, in base ad una eccezione di creazione giurisprudenziale) non ha risolto il problema degli interventi "clandestini", che sono accertati essere circa il 35% di quelli eseguiti in Italia.[10] Le circoncisioni maschili clandestine sono talvolta una conseguenza del fatto che la famiglia non ha i soldi per eseguire l'operazione in strutture sanitarie private e la maggior parte degli ospedali italiani non copre i costi della pratica[11].
La norma penale che impone la riserva professionale non affronta la questione alla base della circoncisione maschile (violazione permanente dell’integrità fisica e mancanza di consenso del minore), che in realtà è un problema che deve essere affrontato dal legislatore.
Gli interventi in materia già peraltro sollecitati dalla Commissione parlamentare per la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza con apposita relazione[12], si concentrano sulla sicurezza nell'esecuzione della pratica, non sulla sua abolizione. Allo stesso modo l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa[13]che ha richiesto agli stati di adottare specifici strumenti di tutela in relazione a quelle pratiche che prevedano ingerenze sull’integrità fisica dei minori, compresa la circoncisione maschile, non dice chiaramente se per “integrità fisica” ci si riferisca al diritto all’integrità dei genitali o al fatto che la pratica debba essere eseguita con una procedura sicura. Infatti, da un lato condanna la circoncisione maschile come violazione dei diritti dei bambini (sez. 2), dall’altro invita gli Stati a consentirla nelle strutture sanitarie pubbliche per evitare rischi per la salute dei bambini (sez. 7.5). Probabilmente la necessità di prevenire rischi per la salute dei bambini sottoposti a circoncisione da parte di non professionisti è così urgente da rinviare il dibattito sull'abbandono della pratica in sé.
 
note

[1] In Europa solo Germania e Svezia hanno adottato una legislazione in tema di circoncisione rituale maschile. In Germania la circoncisione per motivi culturali è disciplinata nell’art. 1631 BGB. Se effettuata nei primi 6 mesi di vita la pratica può essere eseguita non solo da medici, ma anche da soggetti a ciò incaricati dalla comunità religiosa e dotati di competenza in materia. La problematica viene ricondotta dalla disciplina tedesca al diritto civile, tra le potestà comprese nell’esercizio della responsabilità genitoriale e nello specifico, nel diritto e dovere di cura e tutela dei genitori nei confronti dei minori. In Svezia la circoncisione maschile è disciplinata dalla legge n. 499 del 2001 e prescrive che la stessa possa essere effettuata a scopo rituale sui minori entro i due mesi di vita, da un medico o da altro soggetto autorizzato dal ministro della Salute, in presenza di un medico o di un anestesista. Al di fuori di questa ipotesi deve essere sempre eseguita da un medico. (Garetti, 2017).

[2] Comitato nazionale bioetico, 1998.

[3] Cass. Pen. sez. VI - 22/06/2011, n. 43646.

[4] La circoncisione ebraica non è effettuata da medici ma da particolari ministri di culto, i Mohalim, dotati di competenze professionali accertate da enti accreditati nella comunità ebraica e per i quali è previsto, ad oggi, un apposito albo. La condotta esercitata dal Mohel, così come quella dei genitori che richiedono l’esecuzione dell’intervento sul minore, non potrebbe mai integrare, secondo la giurisprudenza in esame, il reato di esercizio abusivo della professione di cui all’art 348 c.p. e sarebbe giustificata, così come avviene per l’atto oggettivamente lesivo, dall’esercizio di un diritto di libertà religiosa (art. 51. c.p) e dalla disciplina sul consenso (art. 50 c.p.).

[5] Il caso di specie riguardava una madre nigeriana che aveva sottoposto il proprio figlio neonato ad un intervento di circoncisione, rivolgendosi ad un soggetto privo di competenze medico-professionali e acconsentendo a che l’intervento avvenisse in un contesto domestico. Il minore ha poi subito delle emorragie in seguito all’intervento che hanno portato la madre a rivolgersi alle strutture sanitarie apposite per limitare i danni delle conseguenze post operatorie. La Corte di legittimità ha riconosciuto, a differenza di quanto avvenuto nelle corti di merito, la non punibilità per ignorantia legis, ai sensi dell’art. 5 c.p., ravvisando la scusabilità della non conoscenza della legge penale in ragione della provenienza etnica e della non integrazione in Italia della madre nigeriana.

[6] In Italia il kirpan, il coltello rituale dei Sikh, è stato vietato perché considerato una violazione della sicurezza, anche se nessun Sikh ha mai usato il kirpan per colpire qualcuno (vedi Kirpan in questo Vademecum). Baciare i genitali di un bambino per motivi culturali è considerato lesivo della libertà sessuale del bambino, anche se non è dimostrato alcun danno quando la pratica è compiuta come gesto di affetto senza intenti pedofili (vedi Manifestazioni di affetto sui genitali dei bambini in questo Vademecum).

[7] Cass. Pen. III Sez.  del  29/01/2018 n. 29613.

[8] È cio che emerge sulla base dei dati antropologici raccolti nella scheda dedicata alla pratica ad esempio in riferimento ad alcuni gruppi cristiani provenienti dall’Africa subsahariana.

[9] Nella comunità islamica, le procedure di circoncisione non sono assistite da un sistema organizzativo e di censimento come nel sistema ebraico. In Germania e in Svezia, si cerca di risolvere questo problema in tal modo: pur prevedendo forme di controllo sui circoncisi, si permette che la pratica venga effettuata anche al di fuori delle strutture sanitarie e dai ministri del culto, a condizione che siano competenti e che l'intervento venga effettuato nei primi mesi di vita.

[10] Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, Relazione sulle problematiche connesse alla pratica della circoncisione rituale dei minori, approvata nella seduta pomeridiana del 7 luglio 2021, relatrice: Paola Boldrini.

[11] La Commissione parlamentare italiana per l'infanzia e l'adolescenza, nella richiamata Relazione sulle problematiche connesse alla pratica della circoncisione rituale dei minori, adottata nella seduta pomeridiana del 7 luglio 2021, (relatrice: Paola Boldrini) non condanna la circoncisione maschile in sé, ma si preoccupa piuttosto di promuovere una circoncisione sicura sotto controllo medico. La Relazione ha evidenziato che in Italia solo in Toscana e nelle Marche i costi della circoncisione sono interamente coperti dal SSR (Servizio sanitario pubblico). In Calabria, Campania, Puglia, Basilicata, Sardegna, Molise, Abruzzo, Liguria, Lombardia, Trentino e Valle d'Aosta non è possibile effettuare la circoncisione nelle strutture pubbliche (tranne in alcuni casi con l'escamotage della fimosi, a tal proposito si veda Cass. Pen. sez. V - 18/06/2015, n. 35026). In Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Lazio, Umbria e Sicilia è possibile eseguire la circoncisione rituale con ricovero ospedaliero e se coperti da assicurazione.

[12] Ibidem, nota 42.

[13] Risoluzione 1952(2013), adottata dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, in data 1.10.2013, intitolata Children’s Rights to Physical Identity.

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