ANTHROJUSTICE
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Prezzo della sposa​

Approfondimenti giuridici 

La giurisprudenza italiana [1] ha assunto un atteggiamento di condanna nei confronti del rituale che abbiamo qui definito “prezzo della sposa”. Lo scambio tradizionale tra il padre dello sposo e quello della sposa, oggettivizzato e avulso dal rito matrimoniale di cui fa parte, sembra sovrapponibile alla descrizione fatta nell’art. 600 c.p. che condanna “chiunque eserciti su una persona poteri corrispondenti al diritto di proprietà”, senza che vi sia la necessità di valutare la sussistenza di ulteriori elementi disfunzionali e sintomatici di forti limitazioni della libertà personale.
Anche riconoscendone il carattere culturale e la sua potenziale protezione ai sensi dell’art. 2 della Costituzione quale diritto culturale, il prezzo della sposa è sempre escluso dalla tutela nel bilanciamento con altri diritti fondamentali: considerato in punto di tipicità una forma di reificazione della persona, sul piano dell’antigiuridicità è ritenuto privo di efficacia scriminante, seppure diritto inviolabile, perché lesivo di beni fondamentali per l’individuo.
L’approfondimento sopra proposto offre un’analisi del rito del prezzo della sposa da un altro punto di vista, quello antropologico, facendone emergere il valore simbolico e le sue funzioni sociali.
L’analisi di questi elementi, qui considerati in astratto, potrebbe essere utilizzata come guida nella valutazione del caso concreto e condurre il rito fuori dai canoni dell’art. 600 c.p. già in punto di tipicità e offensività. In assenza di elementi sintomatici di una situazione di prevaricazione o sopruso o di veri e propri scopi di tratta di esseri umani, la condotta potrebbe essere inquadrata in un semplice “regalo”[2] nuziale In questo caso la connotazione culturale della pratica, accertata nel caso concreto, condurrebbe fuori dall’area del penalmente rilevante, non tanto perché la condotta sia espressione di un diritto culturale e pertanto dotata di una certa forza scriminante e prevalente nel bilanciamento con altri diritti, ma perché non lesiva, anzi a sua volta espressione di valori comuni anche alla cultura maggioritaria: la libertà dell’individuo, in tema di scelta dei riti con cui contrarre matrimonio e la tutela del valore sociale dello stesso.
In questa direzione pare essersi mossa la Corte Edu che nella pronuncia M e altri c. Italia e Bulgaria, 2012, dichiara esplicitamente l’impossibilità di identificare il rituale in questione in una forma di esercizio di poteri tipici della proprietà sulla persona, ma piuttosto lo qualifica come un semplice scambio di doni, come tanti altri presenti nelle tradizioni matrimoniali di altre culture. Un altro elemento che viene valorizzato nella pronuncia in esame è il consenso al rito da parte della giovane sposa. Se è vero che tale elemento potrebbe non avere particolare rilevanza rispetto alla illiceità del fatto, esso risulta comunque un argomento utile a manifestare come il rito sia ancorato ad una tradizione culturale condivisa, a livello familiare, che non è in sé e per sé ritenuta lesiva di diritti fondamentali dai soggetti che nel rito sono direttamente coinvolti. [3]



note
[1] Corte assise di Napoli, sez. IV, 23/06/2015, no. 58; Cass. Pen.,, sez. V - 08/03/2019, no. 37315; Cass. Pen., sez. V - 13/05/2021, no. 30538.

[2] The use of the term 'gift' in the official text of the ruling of the Edu Court M and others v. Italy and Bulgaria, 2012 ('gift' in the English version), is not only a linguistic translation but an attempt at cultural translation of the practice in the judicial vulgate by judges and interpreters. From an anthropological point of view, indeed, rather than the term gift, the translation as 'reward' would have been appropriate.

[3] This is the path taken also in Criminal Cass. sez. I - 27/05/2019 no. 28282, where after several degrees of judgement it was decided not to consider the ritual of the bride price as a typical fact and to proceed instead in a hermeneutics that would take into consideration the legal values actually infringed in the case in point, namely public order and security, as regards the offence of unlawful introduction into the State. ​

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