ANTHROJUSTICE
ENG | IT
  • Pagina principale
  • Test culturale
  • Vademecum
  • Chi siamo
Picture

Mutilazioni genitali

femminili 

Approfondimenti antropologici

[La lettura di questo approfondimento presuppone la conoscenza dei contenuti presentati nel test culturale relativo a questa pratica]
Come evidenziato nella presente scheda, secondo una dichiarazione congiunta di OMS, Unicef e UNFPA, ci sono quattro tipi di categorie, tutte classificabili come MGF:
  • Tipo I: Escissione del prepuzio, con o senza asportazione parziale o totale della clitoride. 
  • Tipo II: Escissione della clitoride con asportazione parziale o totale delle piccole labbra. 
  • Tipo III: Restringimento dell'orifizio vaginale con creazione di un sigillo di copertura mediante taglio e apposizione delle labbra minori e/o maggiori, con o senza escissione della clitoride (infibulazione). 
  • Tipo IV: Non classificati. Include perforazione, penetrazione o incisione della clitoride e/o labbra, stiramento della clitoride o del tessuto circostante, raschiamento del tessuto circostante l’orifizio vaginale o incisione della vagina. 
Le diverse tipologie di interventi compiuti sui genitali delle donne costituiscono un fenomeno estremamente complesso, che si ricollega a motivazioni culturali. 
Si tratta di un insieme di pratiche per cui risulta molto difficile stabilire una stretta correlazione tra età e intervento, anche all'interno di uno stesso contesto geografico e/o gruppi etnici. In alcuni casi è infatti possibile fare riferimento a età socialmente prestabilite, mentre in altri vi è una relazione tra eventi ritenuti rilevanti, così come può essere lo sviluppo fisico delle ragazze, o a particolari momenti chiave della vita psicologica e sociale (es. matrimonio). 
Image Caption
FGC Types
FGC Types.jpg: The original uploader was Kaylima at English Wikipedia. / derivative work: Mouagip, Public domain, via Wikimedia Commons
Mutilazioni Genitali Femminili: la questione del nome

La dichiarazione congiunta di OMS, Unicef e UNFPA (2008), utile per una classificazione nelle quattro categorie identificate in precedenza, identifica la categoria “Mutilazioni genitali femminili”, composta dalle quattro micro-categorie elencate nel vademecum, e rappresenta la premessa per qualsiasi considerazione relativa al tema MGF e viene utilizzata da tutte le organizzazioni nazionali e internazionali, così come dagli operatori medico-sanitari.
Tuttavia, il modo di nominare questa pratica è stato, e continua ad essere, una questione controversa, e i vari termini comunemente utilizzati sono associati ai diversi modi di interpretare la pratica stessa e alle diverse modalità di relazione con le persone interessate (Johnsdotter, 2020).
Nelle prime descrizioni di queste pratiche, risalenti all’Antico Egitto, esse venivano chiamate “circoncisione”, in analogia con le procedure maschili. Attualmente, i termini locali per il taglio dei genitali maschili e femminili, tuttavia, hanno spesso un significato più simbolico, e fanno piuttosto riferimento al processo o allo scopo della procedura. Ad esempio, in Somalia viene utilizzato il termine halalays che, come il termine arabo khitan, significa “pulizia”, comunemente usato in senso religioso più che igienico. Il termine maliano bolokoli significa letteralmente “lavarsi le mani”. Altri termini possono riferirsi al quadro generale, ad esempio “andare alla macchia”, o al contesto in cui la procedura della MGF è essenziale per l’iniziazione (Johnsdotter 2020). 
L’etichetta “mutilazione” è stata coniata e promossa dalla giornalista e attivista americana Fran Hosken, con il rapporto “Genital and Sexual Mutilation of Females” (Mutilazioni genitali e sessuali delle donne) nel 1979, presentato alla Conferenza delle donne di Copenaghen nel 1980. Da quel momento in poi, in particolare all’interno delle organizzazioni internazionali e di quelle che prendono di mira questa pratica, la denominazione MGF è stata utilizzata sempre più frequentemente. Tuttavia, l’utilizzo dell’espressione “mutilazione” è stato fortemente criticato, in quanto esprime immediatamente un’accezione negativa, facendosi portatrice spesso di pregiudizi etnocentrici. Tale espressione viene criticata soprattutto dalle donne coinvolte in prima persona, in quanto implicitamente condannate e relegate nel ruolo di vittime passive. L’espressione “mutilazioni genitali femminili” restituisce inoltre una visione piuttosto parziale e limitata degli interventi che rientrano in questa macrocategoria di modificazioni o alterazioni del corpo, che non tiene in considerazione le diverse possibili implicazioni sulla salute psicofisica della donna (per quanto riguarda danni e conseguenze fisiche, non è infatti possibile comparare sullo stesso piano tutte le operazioni che rientrano nella categoria MGF) (Fusaschi, 2003; Johnsdotter, Mestre, 2017). Una proposta è quella di sostituire il termine “mutilazioni” con “modificazioni”, con l’intenzione quindi di creare un terreno di discussione libero da pregiudizi a priori, aperta piuttosto al dialogo. 
I contesti 
Diverse forme di MGF vengono eseguite non solo nel contesto di provenienza delle donne in questione, ma anche in quello migratorio. Le diverse operazioni mutano infatti sia geograficamente, che sulla base della tipologia di intervento eseguito, che rispetto agli attori coinvolti. 
“Il contesto cambia, come cambia l’intero rituale, ma ciò che viene conservato è il valore simbolico attribuito alle operazioni stesse, un valore che non è solamente reificato ma certamente ricontestualizzato” (Fusaschi 2003, p. 86). Secondo alcuni studi (Fusaschi 2003), in contesti urbani e di diaspora si tratta spesso di operazioni rituali incentrate esclusivamente sulla singola persona, presentandosi come cerimonie “intime” quasi sempre svolte nel contesto domestico “privato”. 
Le persone addette a praticare la circoncisione femminile utilizzano strumenti specifici, che possono essere coltelli rituali costruiti ad arte o attrezzi rudimentali utilizzati per l’occasione. 
In generale la persona che compie l’operazione è quasi sempre una donna iniziata, spesso anziana, il cui sapere viene tramandato solitamente di madre in figlia (Fusaschi, 2003). Ad esempio, in Somalia, si tratta della Gedda, ovvero la nonna, intesa però come anziana del villaggio. In alcuni contesti, le madri e le nonne sono proprio coloro che, nel corso della vita delle figlie e delle nipoti, “preparano” all’evento, trasmettendo quale tipo di condotta dovranno tenere da adulte e come dovranno comportarsi una volta diventate a loro volta madri e mogli. In altri contesti, le operatrici rituali vengono chiamate da altri luoghi, al di fuori della propria comunità (così come accade spesso nei contesti migratori). 
​
Circoncisione maschile e femminile: due approcci differenti

​(v. voce Circoncisione maschile in questo Vademecum) 
Esaminando la letteratura appare evidente che, soprattutto fino agli anni 1970, le MGF e la circoncisione maschile venivano intese come poli simmetrici di un processo di genderizzazione dei corpi, come tappe obbligate di un accesso al ruolo di adulto (sessualmente definito) (Johnsdotter, 2020). La circoncisione maschile è essenzialmente distinta dalle pratiche genitali femminili, come riconosciuto dalle organizzazioni sanitarie mondiali come l’OMS e dagli attivisti femministi e per i diritti delle donne, che ugualmente hanno espresso opinioni simili sull’incomparabilità delle pratiche. All’interno di questi discorsi, le pratiche genitali femminili sono state spesso inquadrate come pratiche culturali dannose che promuovono la disuguaglianza di genere, la discriminazione e l’aggressione contro le donne, oltre ad avere un effetto dannoso sulla salute di donne e ragazze. Le pratiche genitali maschili, invece, sono state percepite come sane e non dannose in alcun modo (Johnsdotter, 2018). 
E’ tuttavia interessante notare come il tentativo di reindirizzare la pratica delle MGF in forme puramente simboliche (ovvero una piccola puntura sul prepuzio della clitoride, per favorire l’uscita di una goccia di sangue, e quindi di assolvere alla funzione simbolica di gendering o purificatrice) abbia talvolta suscitato reazioni negative, basate sulla posizione per cui qualsiasi forma di MGF, anche se “simbolica”, debba essere trattata con fermezza (Kruseman, 2010), pur essendo questo tipo di intervento decisamente meno invasivo della circoncisione maschile, in cui viene invece rimosso del tessuto sano. ​
Critiche
 
Negli ultimi decenni le pratiche delle MGF hanno iniziato ad essere fortemente contestate, all’interno di più gruppi e discipline, per motivi etici, medici o personali, soprattutto nei paesi occidentali, ma anche negli stessi paesi dove vengono praticate (soprattutto quando si tratta delle forme più invasive, ovvero tipo I e tipo II, infibulazione ed escissione). Le complicazioni medico-sanitarie che infibulazione ed escissione comportano, portando in certi casi fino alla morte della donna, il loro alterare il piacere sessuale e quindi incidere sulla vita sessuale, sono motivi ormai condivisi nella giurisprudenza, legislazione e presso gli attivisti dei gruppi dove vengono praticate per sostenerne la condanna. Tale condanna è generalmente estesa a tutti i tipi di MGF, anche i meno invasivi, in quanto visti come una ingerenza nella sfera della vita sessuale, nonché uno strumento di controllo patriarcale sulla sessualità femminile. Gli argomenti usati per sostenere una posizione contraria alle MGF tout court sono quindi: l'attenzione ai danni, ai rischi medici e alle conseguenze mediche a lungo termine, l'affermazione che tali modificazioni violino i diritti dei minori e i diritti delle donne.
 
Come sottolineato nella scheda sulla circoncisione maschile (in questo vademecum), fino a poco tempo fa la ricerca sulla circoncisione maschile presupponeva e si concentrava principalmente sui benefici per la salute della circoncisione, in netto contrasto con le MGF, per le quali, invece, gli studi si sono concentrati esclusivamente sui possibili danni e rischi. Tuttavia, nonostante la differenza di approccio nel discorso pubblico, sia la circoncisione maschile che quella femminile sono procedure che intenzionalmente alterano gli organi genitali, per ragioni non mediche, di bambini/e che non esprimono il proprio consenso. In entrambi i casi vengono rimossi tessuti (nel caso femminile sono compresi anche altri tipi di modificazioni, maggiormente invasive) dalla vulva o dal pene in salute e, quando vengono eseguiti su neonati o bambini, sollevano sfide etiche riguardanti il consenso, l'autonomia e le nozioni di integrità corporea. 
Oltre i casi più gravi di infibulazione ed escissione, in cui la dimensione del danno grave è evidente, è interessante interrogarsi sul perché alcune pratiche vengano percepite come problematiche (es. velo islamico che non produce alcun danno all’integrità fisica della persona; mutilazioni femminili lievi in cui i tessuti si rimarginano presto senza lasciare alcun segno) mentre altre sono comunemente accettate (es. circoncisione maschile) anche se producono una alterazione permanente del corpo e riducono il piacere sessuale (la rimozione del prepuzio, una parte particolarmente innervata di tessuti, produrrebbe tale effetto).
Elementi culturali della maggioranza potrebbero spiegare il diverso trattamento legislativo e giudiziale delle pratiche citate: ad esempio, una società come quella italiana e europea in genere, in cui è presente una matrice patriarcale e paternalista, può essere incline ad un discorso di vittimizzazione della donna, soprattutto quando razzializzata, che produce una maggiore attenzione alla protezione delle bambine e delle donne, non considerate come dotate di agency, diversamente dagli uomini e dai bambini, percepiti invece come meno vulnerabili.
Un ulteriore elemento in merito al diverso trattamento potrebbe essere l’abitualità ad una certa pratica quale la circoncisione maschile, dovuta al fatto che la stessa sia ormai praticata da decenni da minoranze risiedenti nel proprio territorio. Il dibattito sulle MGF ha portato con sé anche molti attivisti contrari alla circoncisione maschile.
 

privacy policy - informativa privacy

As part of the Smart Justice research project:​ ​Tools and models to optimize the work of judges (Just-Smart)
Picture
Picture
Picture
Picture
Picture
Picture
Picture
  • Pagina principale
  • Test culturale
  • Vademecum
  • Chi siamo
  • Home
  • Cultural test
  • Guidebook
  • About