ANTHROJUSTICE
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Manifestazioni di affetto

riguardanti i genitali dei

bambini
​
Approfondimenti antropologici

[La lettura di questo approfondimento presuppone la conoscenza dei contenuti presentati nel test culturale relativo a questa pratica]
Di seguito si fornirà una descrizione dettagliata della pratica culturale dei baci/carezze sui genitali presso diversi gruppi.
 
popoli rom
Presso diversi gruppi appartenenti al più ampio popolo rom, la pratica del baciare/accarezzare i genitali di bambini e bambine assolve alla cosiddetta funzione di “gendering the body” ossia quel processo volto a preparare il/la bambino/a ad assumere pienamente il suo genere maschile e le funzioni riproduttive ad esso collegate[1].
 Presso gli Jarana, un gruppo di gitanos che vive vicino a Madrid in Spagna, baciare e toccare i genitali di un bambino è parte integrante di questo processo:
 
«Sin dal momento della nascita, gli adulti enfatizzano e celebrano i genitali del bambino, particolarmente nel caso di maschi… la loro attitudine [degli adulti] incoraggia i bambini a diventare orgogliosi dei propri genitali e a sviluppare una propria identità nell’ambito della quale i genitali giocano un ruolo centrale»[2].
 
Le parole che definiscono i genitali (pija per i genitali maschili e chocho per i genitali femminili) sono usate come nomignoli affettuosi e spesso come soprannomi per chiamare il bambino:
 
«esse [le parole pija e chocho] sono anche usate, in modo metonimico, per indicare il bambino maschio o femmina – così alle madri in gravidanza si chiede spesso se aspettano una pija o un chocho. Insieme ad altri punti di riferimento, queste sono tra le prime parole che un bambino impara... L’affetto verso i bambini fino all’età di 5 o 6 anni è mostrato sfregando o stringendo tra le mani i loro genitali, o baciandoli e dandogli dei morsetti laggiù»[3].
 
Sebbene entrambi i sessi siano trattati con grande affetto,
 
«i bambini sono maggiormente celebrati. Le madri Jarana amano giocare con i peni dei loro figlioletti, foto di bambini maschi nudi dell’età di due o tre anni sono appesi al muro di molte case gitane, e i bambini sono molto incoraggiati ad essere orgogliosi del loro pene»[4].
 
Tra i Cortorari, un gruppo rom proveniente dalla Romania, l’uso di toccare e baciare il pene e la vulva, ha la funzione sia di mostrare affetto, sia di far diventare i bambini consapevoli di avere dei corpi sessualmente diversi (gendering the body). Anche in questo caso, le parole kar (pene) e miž (vulva) sono le prime che i bambini imparano:
 
«Per un bambino ad uno stadio preverbale di sviluppo, saper indicare i suoi genitali quando richiesto dagli adulti: ‘dov’è il tuo pene/dov’è la tua vulva? (kaj lo kio kar/kaj la ki miž?)’ è considerato un segno della sua intelligenza. È comune strofinare e baciare sia i genitali dei bambini che delle bambine per mostrare affetto»[5].
 
Questi gesti sono accompagnati, quando il bambino parla e cresce, da pratiche volte a incoraggiare un rapporto libero con il proprio sesso e molto centrato sui genitali:
 
«Frasi come ‘mangia il mio pene/la mia vulva (xa miri kar/miž)’, che normalmente equivalgono a turpiloquio se pronunciate tra adulti, vengono insegnate ai bambini la cui abilità di usarle è altamente apprezzata. Nell’infanzia, durante il processo di acquisizione del linguaggio… i bambini sono esposti non soltanto ad un linguaggio sessualmente esplicito, che potrebbe non avere alcun significato, ma anche a gesti che concretizzano queste affermazioni… Dopo i due anni, i bambini sono presi in giro dagli adulti e sanno già come difendersi usando frasi come ‘mangia il mio pene/la mia vulva’ alle quali gli adulti rispondono ‘perché hai un pene/vulva?’. Arrivati ad un’età dove sono più spavaldi, i bambini iniziano a mostrare senza paura i loro genitali, o addirittura di proposito»[6].
 
I popoli rom, dunque, confermano un uso variegato e diffuso della pratica di baciare o accarezzare i genitali dei bambini.
 


[1] Sono grata all’antropologa Harika Dauth per questo spunto e per avermi fornito la bibliografia sui popoli Rom.

[2] P. GAY Y BLASCO, A ‘different’ body? Desire and virginity among Gitanos, in The Journal of the Royal Anthropological Institute , 3(3) 1997, pp. 517-35, p. 520.

[3] P. GAY Y BLASCO, A ‘different’ body? Desire and virginity among Gitanos, 1997, cit., p. 521.

[4] P. GAY Y BLASCO, A ‘different’ body? Desire and virginity among Gitanos, 1997, cit., p. 522.

[5] C. TESÃR, Becoming Rom (male), becoming Romni (female) among Romanian Cortorari Roma: On body and gender, in Romani Studies 5, Vol. 22, No. 2, 2012, pp. 113–140, p. 126.

[6] C. TESÃR, Becoming Rom (male), becoming Romni (female) among Romanian Cortorari Roma: On body and gender, cit. p.126.
Albania
Anche alcuni casi di carezze al pube delle bambine hanno dato origine a casi giudiziari come Krasniqi v. Dallas Cty. Child Protective Service Unit TX, 809 S.W.2d 927 (Tex. App. 1991) che ha visto condannati per abuso sessuale due genitori albanesi, Sadri and Sabahete Krasniqi, emigrati in Texas, per aver accarezzato la figlia sulla vulva. I genitori si difendevano adducendo il fatto che in Albania la carezza non ha alcuna valenza sessuale, ma serve a mostrare affetto.
turchia
«In Turchia si considera appropriato esprimere ammirazione verbale e baciare i genitali di un neonato durante il cambio del pannolino».[1]
 
Si osservi, per inciso, come questo gesto sopravvive anche in molte famiglie italiane.
 
 


[1] R. E. HELFER, C. HENRY KEMPE, The Battered Child, University of Chicago Press, 1968, (V ed.), p. 85.
ebrei ortodossi
la pratica religiosa della circoncisione ebraica può essere suggellata da un bacio, con il quale il mohel succhia il sangue del bambino e disinfetta la ferita. La pratica si chiama metzitzah b’peh ed è una suzione orale che è, da alcuni gruppi ebrei, invero sempre più raramente, usata in sostituzione della medicazione ufficiale. Tale suzione è dal punto di vista simbolico legata al tema del sangue dell’Alleanza, dal punto di vista funzionale ha una funzione pratica perché favorirebbe la coagulazione conseguente all’escissione del prepuzio e avrebbe una funzione disinfettante (la saliva). La sua morfologia, ossia il fatto che si manifesti con un contatto tra le labbra di un adulto e il pene di un bambino, implica una potenziale sussunzione dentro la fattispecie “atti sessuali con minore”. Tuttavia, in questo caso è interessante osservare che in Italia nessun mohel è stato mai accusato di atti sessuali con minore o di violenza sessuale per averla praticata. Una generale accettazione di questa pratica sembra diffusa anche in altre democrazie occidentali. A New York, sede della più grande comunità di ebrei ortodossi fuori Israele, diversi bambini sottoposti a circoncisione hanno contratto l’herpes a seguito della metzitzah b’peh.[1] L’allora sindaco di New York de Blasio aveva risolto la controversia come una questione che interessava il diritto alla salute del bambino, chiedendo che la comunità individuasse il mohel responsabile del contagio, ma senza contestare alcuna violazione della libertà sessuale del minore, e permettendo la continuazione della metzitzah b’peh. In questo caso, la maggiore familiarità con la pratica ebraica fa sì che anche la maggioranza italiana o statunitense non la legga come atto sessuale e quindi che i giudici non la sussumano in alcuna fattispecie penale.
 
 


[1] “Too Much Religious Freedom - Infants Infected with Herpes after Jewish Mohel Applies Oral Suction to Circumcised Penises”, 19 J.L. & Health 297 (2004)
Afghanistan
In Afghanistan la pratica del baciare i genitali dei bambini consiste in una duplice morfologia: il padre mette interamente nella bocca il pene del bambino e lo succhia leggermente oppure schiocca un bacio superficiale sul pene. Spesso i padri si fanno scattare una fotografia mentre compiono tale gesto, che poi andrà ad arricchire l’album delle foto di famiglia. La pratica corrisponde al seguente significato:
 
«[il bacio] è dato per mostrare amore verso il bambino e ciò vale sia che il pene sia soltanto baciato o posto interamente in bocca perché non vi sono sentimenti di tipo sessuale coinvolti… La cultura afgana guarda al pene del bambino come una parte del corpo non particolarmente pura e santa perché è il luogo da cui il bambino urina… [Per un padre] baciare il proprio figlio lì mostra quanto lui lo ami e accetti precisamente perché non si tratta della parte più pura e santa del corpo».[1]
 
Tale descrizione è ricavata dalla perizia culturale resa nel caso Kargar, un padre afgano denunciato dai vicini per essere stato visto mentre portava alla bocca il pene del figlio, e deciso, negli Stati Uniti d’America, con l’assoluzione del padre in base al principio de minimis non curat lex.


[1] State of Maine v. Mohammad Kargar, 679 A.2d 81, 1996, trad. mia.
Manchu (cina) 
Anche se la fonte è laica, provenendo da un quisque de populo e non da uno studio scientifico, un altro esempio della pratica di baciare e carezzare i genitali dei figli è attestata presso i Manchu, una minoranza culturale della Cina, presso la quale:
 
«Una madre Manchu… succhia in pubblico il pene del suo piccolo bambino, ma non lo bacerebbe mai sulla guancia. Infatti, tra i Manchu, la fellatio è una forma di comportamento sessuale accettato nel contesto della relazione tra madre e figlio, mentre qualsiasi altro bacio, in qualunque altra forma, è sempre visto come sessuale»[1].
 
Baciare il pene, dunque, è, in questo contesto culturale, perfettamente normale ed appare come una coccola mentre il bacio sulla guancia è percepito come un gesto inaccettabile. Infatti, presso i Manchu, la fellatio è un comportamento sessuale tranne nel contesto madre/figlio piccolo, mentre un bacio sulla guancia è sempre sessuale, anche e soprattutto tra parenti. La madre che baciasse il figlio sulla guancia commetterebbe un incesto. Esattamente il contrario dell’Italia, dove la fellatio è sempre percepita come sessuale, mentre il bacio sulla guancia non lo è mai.
 


[1]https://www.reddit.com/r/AskAnthropology/comments/38ikwr/did_manchu_women_really_fellate_their_sons/
Cambogia, Vietnam, Corea, Filippine, Tailandia
La pratica del bacio o delle carezze sui genitali dei bambini è attestata, in letteratura e da varie fonti laiche, anche in diversi altri Stati dell’Asia. Generalmente la pratica viene abbandonata quando i gruppi si urbanizzano, salgono nella scala sociale o emigrano in paesi occidentali.
La pratica è attestata, in letteratura, nelle comunità cambogiane, vietnamite e coreane trasferitesi negli Stati Uniti.[1] Nel 2006 una madre cambogiana immigrata a Las Vegas fu accusata di violenza sessuale per essere stata vista compiere una fellatio sul figlio di 6 anni. In quella occasione, un portavoce della Associazione Cambogiana d’America precisò che questo tipo di pratica non era diffusa in tutta la Cambogia, ma effettivamente, in alcune zone rurali essa era percepita come un’espressione di amore e rispetto, sebbene, nella sua esperienza, il gesto non venisse compiuto su bambini superiori all’uno o due anni di età.[2]
Nel romanzo di Jim Webb Lost soldiers è descritta una scena in cui un padre tailandese porta alla bocca il pene del proprio figlio. L’autore del romanzo, che è americano, è stato accusato di indulgere in scene scabrose a sfondo pedofilo e si è difeso spiegando che lui stesso è stato testimone del gesto durante un suo viaggio in Tailandia, gesto di cui ha ribadito la natura culturale e non patologica.[3]
 


[1] K. Malley-Morrison, D. Hines, Family Violence in a Cultural Perspective. Defining, Understanding, and Combating Abuse, Sage, London-New Delhi, 2004.

[2] C. Adams, Do Other Cultures Allow Sex Acts to Calm Babies? It depends on how you define “sex act”, 14 December, in https://www.washingtoncitypaper.com/columns/straight-dope/article/13043372/straight-dope-do-other-cultures-allow-sex-acts-to-calm, 2012.

[3] C. Adams, Do Other Cultures Allow Sex Acts to Calm Babies?, 2012, cit. 
nuova Guinea
La pratica è attestata anche presso i popoli della Nuova Guinea dove:
 
«Non è inusuale che le madri accarezzino i genitali dei loro infanti, anche procurando un erezione, e facciano commenti divertiti sui genitali dei bambini»[1].
 
In tale contesto culturale, la pratica assume la funzione di una coccola, di un gesto che fa parte del contatto corporeo tra madre e figlio.
 


[1] W. Schiefenhövel , Ritualized adult-male/adolescent-male sexual behavior in Melanesia: an anthropological and ethological perspective, in J.R. Feierman (ed.) Pedophilia: Biosocial Dimensions, New York: Springer-Verlag, 1990, pp. 394-421, p. 407.
Hawai'i
Tra le culture indigene delle isole Hawai'i:
 
«i genitali erano considerati santi ed erano apprezzati come inerentemente positivi. Erano trattati con rispetto e venerazione ed erano tenuti coperti per protezione, non per vergogna… Si credeva che i genitali possedessero un mana (potere spirituale)”. Pratiche rivolte ai genitali degli infanti includevano che “il pene venisse scoperto [abbassando il prepuzio] quotidianamente”[1], che la madre “versasse il suo latte nella vagina” della figlia… etc. “Tutte queste pratiche analizzate in relazione alla preparazione dei genitali esemplificano un comportamento tra adulti e non adulti che non va visto affatto come erotico, sessuale o abusante. Esso era ritenuto un aspetto appropriato della cura che gli adulti dovevano riservare ai non adulti, un compito necessario»[2].
 
Nel contesto culturale hawaiano la pratica assume, dunque, contorni rituali e sacralizzati.


[1] M. Diamond, Selected cross-generational sexual behavior in traditional Hawai’i: a sexiological ethnography, in J.R. Feierman (ed.) Pedophilia: Biosocial Dimensions, New York: Springer-Verlag, 1990, pp. 422-444, p. 430.

[2] M. Diamond, Selected cross-generational sexual behavior in traditional Hawai’i: a sexiological ethnography, 1990, cit., p. 431.
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